Executive chef di Villa Principe Leopoldo, Christian Moreschi ha guidato lo storico ristorante di Lugano alla conquista della prima stella Michelin.
Ha ereditato la passione per la ristorazione dai nonni, titolari dall’Osteria del Bersagliere e poi dai genitori che per vent’anni hanno gestito un locale divenuto quasi una seconda casa per lui.
Oltre alla passione per la cucina ha ereditato dalla famiglia lo spirito di sacrificio, la pazienza e la tenacia con cui ha perseguito i suoi obiettivi professionali.
Prima di trasferirsi a Lugano ha lavorato a St. Moritz e in Italia, compiendo tutte le tappe del percorso professionale da cuoco, capocuoco, capo partita, fino a secondo chef di Dario Ranza, che gli ha passato il testimone di executive chef di Villa Principe Leopoldo nel 2019.
Qual è la migliore qualità che ti riconosci?
L’umiltà, che per può essere vista anche come un difetto, ma dipende come si esprime. Io non amo vantarmi e mettermi al centro dell’attenzione. Ho sempre studiato e lavorato sodo, mettendo la soddisfazione del cliente al primo posto. E questo è un approccio che condivido con il mio team. , che ci ha permesso di conquistare la prima stella Michelin.
Cosa hai fatto di diverso quando sei diventato executive chef?
L’input della direzione di Villa Principe Leopoldo era di mantenere una continuità con il menu di chi mi ha preceduto nella guida della cucina. Con il team abbiamo cercato solo di “alleggerire” la carta proponendo anche piatti che potessero soddisfare gusti più ricercati.
Il cambiamento più significativo l’ho apportato nella gestione della squadra. Per me fare squadra significa ascoltare i pareri dei vari membri e fare in modo che si sentano parte di un progetto comune.
Cosa avete fatto per soddisfare il cliente?
Le persone vengono a Villa Principe Leopoldo per la sua storia, ma anche per la sua atmosfera unica. Noi abbiamo lavorato per questo: per offrire un’esperienza unica. E ci siamo riusciti con un grande lavoro di squadra. Restare uniti per soddisfare le richieste dei clienti, anche quelle talvolta più strane, ha sempre fatto la differenza.
Il nostro motto è “se si può, si fa!”.
Io dico sempre ai ragazzi che bisogna mettere da parte l’ego e lavorare insieme con un unico obiettivo: offrire al cliente il miglior servizio possibile.
Perché un cliente torna da voi?
Confesso che quando c’è stato il passaggio di consegne e sono diventato executive chef avevo paura di deludere le aspettative dei clienti storici. Sapevo che eravamo sotto l’occhio del ciclone, che saremmo stati giudicati e anche criticati da chi apprezzava la cucina di Ranza. Ma ho raccolto la sfida: con il team ho cercato di fare qualcosa in più per soddisfare il cliente. Ed è stata una gioia per noi vedere che anche i clienti storici tornavano soddisfatti.
Il primo obiettivo per noi è far tornare il cliente, il secondo è sorprenderlo ogni volta.
Produrre l’effetto wow! Questo è il modo migliore per far sì che il cliente, non solo torni, diventi anche un promoter. Cosa fate di preciso perché ciò avvenga?
Dare qualcosa in più anche nel rapporto umano fa la differenza.
Il rapporto con la prima persona che c’è in sala è importante per vivere un’esperienza di cui parlare con amici e conoscenti. Perché puoi anche mangiare bene, ma se un piatto è servito in modo poco cortese l’esperienza non è positiva.
Noi abbiamo due capisala storici che, oltre ad accogliere i clienti, ascoltarli, osservarli per conoscerli profondamente, puntano anche a sorprenderli con piccole e grandi attenzioni.
E questo si può fare se c’è un buon spirito di squadra.
Come gestisci l’insoddisfazione del cliente?
Per quanto tu possa impegnarti a offrire il meglio, può capitare che un cliente non sia soddisfatto perché aveva aspettative diverse da ciò che abbiamo offerto. Quando un cliente dichiara di non essere soddisfatto mi scuso e chiedo se posso fare qualcosa per rimediare.
Metterci faccia e ammettere il dispiacere, oltre all’esclusione del piatto dal conto, già serve per far capire al cliente che per noi è importante.
Certo, rimane un po’ di amaro in bocca, ma la cosa importante è mantenere un buon rapporto con il cliente e capire l’origine dell’insoddisfazione.
Cosa ti motiva ad agire quotidianamente?
La passione. La passione è ciò che ti fa muovere, ti fa superare gli ostacoli e le fatiche. Il nostro lavoro richiede tanti sacrifici, ma quando vedi che il tuo lavoro va nella direzione giusta hai un motivo in più per superare gli ostacoli e affrontare le lunghe giornate di lavoro. Le mie giornate di lavoro non finiscono in cucina, ma in ufficio perché devo anche pensare di far quadrare i conti.
Quali valori ti riconoscono gli altri?
La passione, l’umiltà, la pazienza, la predisposizione al lavoro e al sacrificio.
Hai una ricetta per il successo?
Essere tenaci, crederci sempre e andare nella direzione che hai scelto.
A questo aggiungo anche, come parti integranti del successo, la formazione e l’aggiornamento.
Quale consiglio daresti ai tuoi figli se decidessero di intraprendere la tua professione?
In primo luogo direi loro di non farlo, ma se poi capissi che questa è davvero la loro passione li appoggerei. Direi che per fare questo lavoro bisogna essere predisposti al sacrificio, bisogna crederci sempre e continuare a formarsi, facendo i passi giusti.
Con quali aggettivi vorresti essere ricordato?
Vorrei essere ricordato come una brava persona, che fa le cose giuste, un instancabile professionista che sa motivare il suo team.