“Chi sono? Sono un venditore. La vendita è una battaglia contro le proprie paure, è fare gli intronauti,
un’immersione dentro sé stessi, contro i propri pregiudizi, contro le proprie paure contro i propri fantasmi. La vendita un modo di esistere e di vivere”
Queste sono le prime parole con cui si presenta Massimo Grandis, amministratore delegato di Mediolanum Assicurazioni. Nato professionalmente come consulente finanziario, ha ottenuto risultati straordinari che l’hanno portato a ricoprire diverse cariche: da general rappresentative di Mediolanum International Life a direttore commerciale di Capital Money, consigliere delegato di Divisione Mutui, e direttore commerciale assicurativo Banca Fineco.
Gli esordi di carriera di Massimo Grandis
“Ho iniziato nel 1984 come consulente finanziario in un mondo deregolamentato e abbastanza pittoresco dove non esistevano vincoli dove gli attori erano pochi e spesso improvvisati. Io ebbi la fortuna di scegliere un attore qualificato e solido, un’azienda dove c’era sostanza e si poteva dare valore ai clienti.
La mia formazione? In quel tempo esisteva un formidabile corso che si chiamava PBV: Prendi la Borsa e Vai: ti spedivano sulla linea del fronte e senza alcun allenamento, senza preparazione.
Ho iniziato chiamando persone che avevo identificato in documento master. Scrissi una lista di circa 210 nomi di persone che avrei potuto chiamare dicendo: “Mi chiamo Massimo Grandis, sono un consulente finanziario. Lo scopo della mia telefonata è fissare un incontro per valutare opportunità di investimento. Ci vediamo il giorno X alle ore… o il giorno Z alle ore…?
Domanda con doppia proposta positiva che vale tutt’oggi anche nell’anno 2022 e varrà anche nel 3022.
Quando hai a che fare con un cliente e ti prefiggi lo scopo di fargli da guida professionale per aiutarlo a raggiungere delle mete della vita, dove il denaro è lo strumento principale, essere flessibile e giostrarsi con i fondamentali della comunicazione e della vendita è fondamentale.”
Perché e quando iniziasti a usare il passaparola?
“Una volta contattati circa 210 tra amici e conoscenti, capii subito che questa strada in poco tempo si restringeva, esauriva. Quindi per necessità imparai subito a chiedere referral.
Mi ricordo anche la data precisa: era il 20 giugno di 1984. Quel giorno chiusi due contratti, uno con un amico, compagni di gare in moto, a cui vendetti un piano di accumulo e uno con il mio dentista che firmò una polizza sulla vita.
In entrambi i casi mi feci dare delle referenze. E ti confesso che mi riuscì non senza batticuore e imbarazzo. Il batticuore mi ha accompagnato almeno per i primi 18 mesi di vendita.
Ecco come chiesi le mie prime referenze.
Verso la fine dell’incontro, poco prima di raccogliere l’assegno già firmato che giaceva nella loro parte di scrivania dissi: “Prima che tu mi conferisca questo segno tangibile della tua fiducia ti chiedo: suggeriresti a qualche altra persona di vivere questa esperienza?
Mi dici a chi?”
A questa domanda avrebbero potuto rispondere “non saprei” e quindi li precedetti.
Al mio dentista dissi: “Ti dico come sono arrivato a te. Grazie alla segnalazione di una persona a cui sono grato. Ecco, magari tu hai amici o colleghi a cui puoi suggerire di vivere questa esperienza.”
Ho sempre chiesto pochi nomi ma buoni.
Far vivere un’esperienza positiva al cliente anche quando le cose non vanno bene!
“Oggi non ho a che fare con i clienti. Lo faccio in pochissimi casi. Di solito quando mi relaziono con un cliente è per risolvere un problema, perché il cliente è arrabbiato.
In questi casi non cerco di avere ragione a tutti i costi. Cerco di confrontarmi con il cliente in modo trasparente e concludo sempre la chiamata chiedendo se l’incontro è stato utile o inutile. Alla fine, tutti dicono di aver apprezzato il confronto. C’è anche chi, alla fine, mi da delle referenze.
È sempre stato così anche in passato. La regola è: devi essere presente soprattutto quando ci sono problemi o nei momenti difficili.<
Ho ricevuto più presentazioni quando il mercato andava male. In questi momenti molti consulenti hanno paura di ricevere la chiamata del cliente arrabbiato. Io dico: “Devi essere tu a chiamarlo per comunicare cosa sta succedendo nel mercato e rassicurarlo, mostrandogli le prospettive di lungo periodo.”
In questo modo vaccini il cliente.
Il pugilato mi ha insegnato che quando il mio avversario mi menava duro io dovevo stargli più sotto.
In questa metafora l’avversario non è il cliente, ma il problema, la sfida che si presenta.
Non ho mai visto il cliente come avversario.
Io mi sono sempre posto come suo migliore alleato.
Quali valori ti riconoscono i clienti e le persone che lavorano con te?
L’autenticità: dico le cose che penso e faccio le cose che ho detto.
Non sono mai opaco.
Non mi riesce.
Quando c’è di mezzo il denaro non dico le cose che non penso.
A volte mi dicono che sono ruvido, duro.
Io dico che sono deciso.
Essere decisi significa fare la cosa opportuna in un determinato momento. E ciò non significa essere duri, ma essere responsabili rispetto al proprio ruolo. Come diceva Che Guevara: “Duri senza mai perdere la tenerezza.”
Vorrei che le persone avessero di me l’immagine di una persona solida, apprezzabile per l’impegno e la competenza.
La frase guida di Massimo Grandis
Sulla mia prima agenda da consulente scrissi: “Farò del mio lavoro il mio capolavoro.”
Non so perché lo scrissi, ma so che è una cosa che mi guida ancora oggi
Cosa mi ha aiutato in questo percorso?
Mantenere il focus, avere un obiettivo chiaro, non di quello che voglio avere ma di quello che voglio diventare.
Non voglio essere valutato per quello che possiedo, ma per quello che so fare e quello che sono.
Ciò che mi motiva ogni mattina ad alzarmi è considerare ogni giorno come un’opportunità per far vedere al mondo e a me stesso di cosa sono capace.
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